San Biagio, per i sardi è Santu Brai o Santu Biasu, viene festeggiato il 3 febbraio in varie località della Sardegna. Il suo culto, di probabile origine bizantina, è legato alla sua fama di taumaturgo. Credenze antiche gli attribuiscono il potere di risanare le malattie della gola attraverso una serie di usanze rituali, come l'imposizione sulla gola di due candele incrociate, l'unzione della gola con olio benedetto, la distribuzione di dolci benedetti.
La festa di San Biagio assume forme particolarmente solenni a Gergei, dove la sera del 2 febbraio si accendono i falò e si offrono ai presenti dolci e bevande. I protagonisti della festa sono i bambini; essi sono gli “obrieri” e come tali, parte attiva dell’intera organizzazione. “Su capobreri”, nominato quattro anni prima da un suo predecessore, nomina a sua volta il suo successore, che, quattro anni dopo, sarà il responsabile e l’organizzatore della festa.
Al suono dei ritocchi festosi delle campane viene acceso il falò, tutti si fanno attorno e, illuminati dal bagliore delle fiamme, iniziano a suonare, cantare e ballare. I piccoli organizzatori e responsabili della festa distribuiscono ai presenti is piricchitteddus (dolci tipici) accompagnati dal solito vino bianco e da tanta innocente allegria.
Il giorno successivo si svolge la processione per le vie del paese e si celebra la santa messa, nel corso della quale il sacerdote benedice il pane ed i caratteristici sessineddus (composizione di frutta, pane e dolci). I riti si chiudono con la benedizione della gola effettuata dal sacerdote mediante le candele incrociate e la distribuzione ai presenti del pane e dei dolci benedetti. Questi alimenti, in virtĂą della benedizione ricevuta, acquistano un potere taumaturgico e vengono utilizzati nel corso dell'anno per curare il mal di gola.
I protagonisti della festa sono i bambini; essi sono gli “obrieri” e come tali, parte attiva dell’intera organizzazione. “Su capobreri”, nominato quattro anni prima da un suo predecessore, nomina a sua volta il suo successore, che, quattro anni dopo, sarà il responsabile e l’organizzatore della festa. Questa ha inizio la sera della vigilia intorno al falò che “is obriereddus” hanno preparato, con la legna e le erbe aromatiche raccolte in campagna alcuni giorni prima, nel sagrato della chiesa, quasi come novelli sacerdoti di una cerimonia che affonda le radici nella notte dei tempi
In occasione della festa, il 3 febbraio, si svolge una sagra gastronomica accompagnata da numerose attrazioni.
Su sessineddu è una composizione di frutta e fiori tenuti insieme dalle foglie lunghe e piatte a cui si appendono fichi secchi, pezzetti di lardo e di salsiccia, un rosario fatto con la pasta e cotto al forno con il pane, grappoli di profumatissimi narcisi e su cordonittu, un cordoncino di lana ritorta di diversi colori. Su cordonittu sarà portato al collo per l’intero anno, come scapolare per proteggersi dalle disgrazie e dal mal di gola.
Su sessineddu, il giorno della festa, viene portato in processione da tutti, bambini ed adulti, e quindi in chiesa dove, alla fine della messa, viene solennemente benedetto dal celebrante. Sull’origine del rito della benedizione de su sessineddu non si hanno precise notizie, se non quelle che lo possono accomunare agli usi e alle tradizioni della religiosità popolare, tipica delle società con economia a carattere prevalente agricolo e pastorale.
Ultima modifica 26/01/2018 ore 15:19
Foto: Angie Cafiero